
E il gruppo cresce, pur in un repertorio giocoso. “Non ci semu ca testa” si prende (quasi) sul serio. Non è più un gioco. Fa bella figura al Privitera, a Siracusa, e a Noto nel giro di 24 ore. Convincenti, poche davvero le dissonanze o le failures ritmiche. Eppure sono madri, lavoratrici, donne che sacrificano tempo per cantare e far sognare, ricostruendo epoche, paesaggi sonori, sensazioni sommerse nell’intimo. Nella Caruso, con la sua prorompente vitalità, ha saputo riaccendere le cantanti che non sapevano d’esserlo. La sintonia raggiunta col collega, Alessandro Strano, dall’estro armonico indiscutibile, dipingono un quadro difficilmente replicabile; dove la teatralità nel canto e il canto nelle movenze delineano un’assoluta novità nel panorama musicale provinciale. Far sorridere nei posti dove non c’è molta voglia di divertirsi, resta la mission del team ospitato a Noto dalla Unitre. Un sito storico, il Monastero dei Cappuccini, è il quartiere generale della terza età. Lo spettacolo visivo offerto dal gruppo canoro sempre più maturo, è consapevole delle reazioni dell’uditorio. Il repertorio musicale, sottolineato dal collega di Nella Caruso, Sandro Strano, è stato apprezzato nelle sue sfumature in grado di spaziare nel tempo. Dal jazz, al pop anni 70, per arrivare a forti azioni teatrali, vocalizzazioni inattese eppure armonizzate come in un continuum temporale logico. Quel loro “tiriti a porta”, a cappella, spiazza e affascina. E fa cronaca del tempo, anche con una parrucca verde, un travestimento sgargiante che ammicca, invitando a non prendersi troppo sul serio. Né su una “Torpedo blu”, o nelle “Mille bolle blu” d’istanti che passano disordinatamente. D’altronde, come son solite cantare, la vita è un cabaret, un giro d’accordi dove è inutile star giù. E loro ne sono convinte, portando gioia, “pe’ fa la vita meno amara”.