“Canto per l’Italia, i suoi dolori, le sue ferite. E canto al Cielo”. Inizia così, Aurelio Grimaldi. Col cuore. Non solo tecnica – oh, certo, quella dev’esserci per forza se devi aggrapparti a un acuto da avere sempre in tasca – ma voglia di trasmettere un messaggio di bellezza. Perché solo attraverso questa si possono superare le difficoltà dell’umana esistenza.
“C’è un momento per fermarsi, un momento per sorridere, un momento per piangere e un attimo per lenire le ferite dell’uomo. Questo è l’attimo. Il mio diaframma, la mia voce al Cielo, sono solo umili vibrazioni per armonizzare le sofferenze della vita. Basta contrasti. Miserere”. Tonalità indiscussa, potenza vocale ammirata in tutte le arene del bel canto, dalla Corea, passando per Giappone, Russia, America, il personaggio-Grimaldi non ha più segreti per i suoi fans. O quasi. Perché riesce sempre a stupire: “Ci vuole sempre coraggio fisico, mentale, emozionale nel raccontare, essere. Sentire come quell’uomo che sta per andare al plotone d’esecuzione e pensa alla sua amata; non deve meravigliare, ché eros e tanathos sono strettamente correlati nella culla compositiva pucciniana”. Nella poetica del “cantore dell’amore”, non poteva mancare La Traviata: opera complessa, in cui la soprano Elena Kovaleva, ha duettato con sicurezza, affrescando un quadro sonico di rara intensità.
Perfettamente intellegibili gli intrecci, anche i più arditi, dove devi esser davvero capace di declinare le doti strumentali con quelle umane. La Kovaleva, s’è dimostrata perfettamente a suo agio in ogni passaggio. Note le sue performance ne “L’Angelo di Fuoco” e nel repertorio romantico. Timbri soavi, densi, scolpiscono con garbo i personaggi. Il “Miserere” finale è una tensione all’infinito, pur nella la fragilità dell’agire terreno. È metafora di un momento “fissato” dal compositore, Zucchero, nel punto più doloroso della sua interiorità. La sintesi del mal di vivere, ma, al contempo, la speranza di una rinascita dal buio del sé. In quel “miserere”, dove anche l’altra soprano della soirée, Antonella Rocca, ha sfoderato classe e sicurezza al fianco di Aurelio Grimaldi, il gioco si svolge su una linea sottile, perigliosa, dove un solo istante può farti uscire fuori dal pentagramma. Esperienza, passione, sacrificio, hanno sostenuto i cantanti che si sono succeduti a fianco del Tenore. Che è anche uno scopritore di talenti: il giovane baritono Marco Zarbano, infatti, ha sorpreso per la pastosità del suo incipit in “Granada” e “Funiculì Funiculà”, dove l’accuratezza nelle sottili variazioni della partitura sono emerse con nitore. Le nuove leve lasciano ben sperare per un futuro della lirica italiana. I giovani ascoltano la Musica. Certo, i tempi sono cambiati, i loop radiofonici ottundono l’udito, la naturalità espressiva, la melodia che appartiene al Paese. E questo trend è criticato dai più importanti esponenti della scena artistica nazionale. “Solo la bellezza, la generosità nel dare, l’impegno, possono tirar fuori l’umanità dall’impasse: la condivisione, la purezza dei sentimenti unita alla profonda riflessione donano lucore, non rancore” ha commentato il tenore al termine dell’happening lirico, presentato da Antonella Rocca.