
È lo sfogo di una nostra lettrice: in via Giuliano passano ignoti a sottrarre le piantine di rose. A volte si ruba anche qualche frutto coltivato e fatto venir su per il solo piacere di abbellire il vicinato, cui la signora si rivolge per uniformare le proprie verande, i cortiletti, i balconi. In Oriente lo chiamano ikebana, l’arte di saper disporre con intelligenza i fiori: non è un esercizio a sé. Piuttosto è una forma di creatività millenaria innata nella natura umana. Una propensione alla gentilezza e alla grazia. Eppure, la signora si dispera per le sottrazioni di vasi contenenti altre varietà di fiori perpetrate ai danni del “caro estinto”. Un danno continuo: è come se qualcuno si divertisse a spezzare questa “catena” di bellezza, infliggendo piccoli, ma significativi dispiaceri a coloro i quali continuano a coltivare idee, alternative, voglia di fare. Forse è il risultato di una società che non rispetta il voler fare, rifugiandosi nel non fare: meglio essere appiattiti, perché i talenti non possono e non debbono essere condivisi. Danno scandalo, suscitano invidia, sono fastidiosi. Non ci si può fare neppure un orticello davanti casa: “Ci stiamo rinunciando ad abbellire via Giuliano”. Una via coesa, come ci racconta l’artista dal pollice verde. La strada è saccheggiata da due anni, ma recentemente i furti si sono intensificati. “Avevo cresciuto una rosa in particolare con tanto amore, poiché mi era stata affidata da un malato terminale, ora scomparso. Tenerla in vita era importante per me, portarmela via è stato sentirsi spezzare: gli ignoti non provano vergogna nel rubare, non provano questo sentimento”. Tutte cose che accadono dal microcosmo di un quartiere al macrocosmo di un’istituzione, il Bilancio non muta: arraffare è come uno sport, una disciplina che impone la legge del più forte sul più debole. Apparentemente, però. Perché il meno forte continuerà, comunque, a coltivare bellezza, empatia, emozioni, amore, ricominciando a ogni Bilancio, qualunque esso sia.