Da mille lire a 10 euro in pochi anni il gradino, per la maggior parte è insormontabile. Le alici, un tempo piatto povero, adesso costano più della carne. Parola di Ianuzzo Insolia, personaggio amato, uomo che ha “fatto” il mercato quando ancora lì, dopo la Piazza, non c’era quasi nulla. Si arrivava, al mattino presto, per un posto al banco del pesce e si vendeva. Punto. “Con l’euro il prezzo è decuplicato – racconta Ianuzzo – e non mi sento certo di acquistare le alici di scarsa qualità per i clienti”. Sì, è pur vero che si contrasta il caro-pesce con il pescato dagli allevamenti. Ma i prezzi restano elevati. “L’Orata che viene da Malta, una delle migliori costa otto euro: e non possiamo venderla a 10 euro. Le tasse sono alle stelle, l’Iva, non ne parliamo, la spazzatura ha costi incredibili. Noi, ad esempio la paghiamo due volte. Insomma, si sopravvive – dice -. E la gente spende molto meno, non posso quantificare. Oggi non c’ pesce, per esempio, c’è troppo vento. Una cassetta di alici costa 35 euro: la gente non è disposta a salire sopra gli otto euro al chilo. Le seppie vanno giù perché sono in abbondanza. Gli avventori mi dicono che è il pesce è roba da ricchi”. Eppure il mitico Ianuzzo rispolvera la buonanima di padre Giovanni: “Mi disse che il venerdì si mangia il pesce perché è un alimento povero – ricorda -. C’erano i marinai in ogni famiglia. Ma oggi, se rapportati ai prezzi della carne, più bassi, col pesce la tavola rimane davvero povera perché alla stessa cifra acquisti un minor numero di grammi. Ripeto, il masculino era il pesce dei poveri, ma è ricco di sostanze benefiche, come dicono i medici. Eppure s’è creata questa trasformazione sociale che non lo rende più accessibile. La gente deve sapere che operiamo con il massimo rispetto per le loro esigenze, non possiamo mettere sul banco roba di scarsa qualità”. È Ianuzzo, la sua stanza, i suoni che riecheggiano dagli anni 50, “quando il sindaco era ancora il nonno di Orazio Scalorino”. Quando c’erano solo pochi banchi, un custode, e un calmiere, al mattino. È cambiato tanto. È rimasto l’odore del pesce, gli antichi bandezzi, e una speranza indomita di ripresa.