“E LA SERA ANDAVAMO AL CINE PER STARE INSIEME”. SCATÀ:“RECUPERIAMO IL RITO DELLA SALA. ALTRIMENTI CI ARRABBIAMO”.
È come rivedere Nuovo Cinema Paradiso, le pellicole che si rompono, la gente che ancora fuma in sala, parlare con Nino Bazzano. E’ lui, “l’ultimo proiezionista”. Lavorava al Cinema Archimede, quando alla domenica “s’incassavano fino a 800 mila lire”.
Nino ha avuto l’onore di montare le dieci “pizze” di Ben Hur, facendo molta attenzione che il film fosse fluido. Per Renato Scatà, cinefilo, è un mito da preservare: Floridia è cambiata, eppure delle sue esperienze cinematografiche, dei suoi attori, del Floridia Film Fest ancora si parla in tutte le bacheche sicule, e oltre, in Francia. Bisogna essere realisti: Bazzano ricorda il trend dell’epoca, la gente guadava i film western, non le storie d’amore americane. Qui non hanno mai attecchito. Al limite sono riusciti nell’intento di far cassa i film di kung fu. Dal ‘55 all’88 Bazzano traccia un quadro chiaro: le sale lavoravano bene. “Soprattutto il Flora e l’Archimede – rammenta -. Poi la fine, con l’incendio del cinema Statuto, nel 1988. Oggi sarebbe bello riaprire una sala, ma ci sono troppi adempimenti, è antieconomico”. Gli brillano gli occhi quando visualizza il “suo” rito: costruire il film, montare le pellicole. “I Dieci comandamenti erano difficili da mettere insieme. Se non si stava attenti, il rischio era sbagliare, malgrado la numerazione di ogni singola pellicola”. Episodi divertenti? “Quando la gente ha soppiantato i western per la commedia sexy”. E lì la censura iniziò ad allentare sé stessa, perché conveniva all’establishment. La Tv, poi, ha distrutto tutto. Assieme ai multisala, come commentato dal cineasta e regista, Renato Scatà. “Il cinema serve a comprendere chi siamo, a dare un senso al vivere quotidiano – riflette -. E“l’ultimo proiezionista” è un simbolo su cui interrogarsi. Varammo il Floridia Film Fest perché questa terra è stata sempre crocevia d’idee: per cinque anni abbiamo tentato di far rivivere il passato spiegando il presente”. Insomma, l’intento era proiettare Floridia oltre il suo guscio. Scatà sostiene la necessità di non cancellare una memoria collettiva. “C’è una storia rurale legata alla città – dice – e se dovessi fare un docufilm, sarebbe sul carnevale, perché esso ha qualcosa di pagano che si lega alla terra, al protocristianesimo, riesumando i racconti degli avi”.
Spettri, ci sono ancora gli “Spettri”, quelli interpretati dall’indimenticato Pasquale Raciti, a popolare i cinematografi chiusi, impolverati, vibranti. Scatà, come Bazzano, non fa altro che discutere del cinema. Evidenzia come nella” Ville Lumière”, le sale continuino a esistere senza problemi, proiettando film in bianco e nero. Paradossale. Perché in una grande città si cerca l’aggregazione, mentre qui, no. E si rimane soli, nell’oceano di una multisala, “che ribalta il senso dell’unione sociale”. S’è smarrita l’artigianalità di una creazione, l’immortalità di una serie di baci rimessi insieme da Tornatore, metafora di una potenza umana che sprigiona lo stare insieme davanti a uno schermo, per un applauso finale, liberatorio, capace di sciogliere quei nodi che ci portiamo davanti al ticchettio della macchina da presa. “Nino Bazzano è il nostro Alfredo, quello di Nuovo cinema Paradiso, il Noiret collezionista di spezzoni, che continua a testimoniare la speranza di riaprire una sala per ritrovarsi insieme”. Magari un nuovo Film Fest per rimettere in gioco le idee, ciò che ancora pulsa sul territorio.
Roberto Rubino