Non avrei voluto scrivere di te, che mi/ci venivi a prendere nei giorni del Ginnasio per recitare l’Alcesti sulle pietre del Teatro Greco. E passavi a prenderci tutti, uno ad uno, senza dimenticarsi mai di alcuno. No. Non avrei proprio voluto. Un tuo sorriso c’illuminava, un tuo gesto ci spiegava, un tuo modulare la voce ampliava l’anima. E ora , materialmente, non ci sei. Sei ancora davanti alla nostra bella chiesa di Sant’Anna, mentre ragionavamo di vita col Maestro Antonio Granata e con la Orchestra. Era fin’estate, Tu mi esprimesti i tuoi dubbi sulla Fede, sulla Speranza, sulla Carità. Poi ti chiesi: “Posso scrivere quel che voglio? Se vuoi te lo leggo”. E tu, dolcissimo: “Ma ‘tu si prufissuri, cchi ‘ttaiu addiri”. Invece te lo lessi egualmente. Replicaste il testo del religioso nelle Marche: vi seguii anche lì, felice della vostra felicità. Lui Tuonò con le parole di Langlois: forte, accorato, teso al Cielo: “La Resurrezione di Cristo è l’unico avvenimento della storia dell’umanità”. Una vergata di sangue sull’anime. I giovanissimi , guidati da Antonio Granata, scrissi, furono condotti attraverso una prova di maturità che li ha realmente fatti crescere. L’orchestra si fece una cosa sola , una sola voce, col nostro Sebastiano. Incredibile: non si vergognò di spogliarsi davanti al suo uditorio, attento, stremato, estasiato. E poi quelle parole, quelle parole che lasciavano presagire, sentire, quel che il Nostro provava: “I 500 metri verso il Golgota sono i più lunghi della Creazione; la teoria della relatività – gridò, squarciando la volta di Sant’Anna – ammutolisce difronte a questa distanza: la Croce ha un peso esatto di 70 chili, i più pesanti dell’Universo”. E poi, come un Cristo, ripiegò il suo volto , quasi spezzato, sulle sue grandi spalle. Fragili, possenti, fragili. “Satana! Io avrei preferito che ti sbagliassi da cima a fondo: si può dire che tu abbia salvato il mondo da Satana? Tu, Satana, in effetti, liberavi da Satana i figli di Eva”.
Il lebbroso, l’amoroso, il ferito di Dio, il sacerdote vittima, non poteva morire gridando “Viva Cristo Re: No, egli morì nella immensa oscura morte, nella totale, paurosa morte dell’uomo. Il Redentore: lui non vive Gesù Cristo, ma entrò , nudo, fra il Cielo e la Terra Abbandonato nel puro amore. E morì tutte le morti derelitte, una ad una. Al grido del malato, al terrore del perverso all’angoscia del senza Dio e senza legge, si contrappone il tormento della vergine assassinata, orbata del più bello fra i figli; per amore volle morire l’orrore della morte in se; per far sì che la morte vedesse io e gridasse: “Viva Cristo RE”. Non ho mai ascoltato alcun attore cimentarsi con i testi apocrifi di Langlois. O almeno con questa forza, con questa intensità, con questa consapevolezza. Un dolore fatto poesia, da consegnare ai posteri. Sicuramente hai recitato il tuo Calvario, Sebastiano, e sei asceso lì, dove nessuno può immaginare.
Sebastiano, la sua cultura, l’espressione d’anima, rilancia Floridia ti fa sentir fiero di questa città apparentemente dimentica delle sue tradizioni musicali, poetiche, teatrali, umane. L’unico, o comunque fra i pochi ad aver cultura del dubbio, del non prostrarsi se non al Cielo, è stato Sebastiano. Quelle notti d’Agosto afoso, davanti a Sant’Anna, rileggemmo una parte del testo dello scrittore cileno, inviso ai massimalismi, che diceva: “Lo ritenevano pazzo e di certo non erano i soli. Fu vinto da una cricca di politici e teologi del suo paese. I suoi discepoli lo abbandonarono a mezzanotte”.
Ci resta quel ricordo del dubbio, dell’umana passione, davanti a una Sant’Anna immota, testimone della bella Floridia.
Un articolo intenso e struggente che ricorda l’ essenza del grande attore e della bella persona che ci ha lasciato ❤️