“Il lavoro c’è: occorre usare i risparmi stagnanti per far ripartire le infrastrutture, scongiurando l’emorragia di persone d’ogni età. La Sanità? Meno male che il 50 per cento viene finanziata da Roma, altrimenti non riusciremmo ad acquistare le medicine”.
“La gente è disperata, ma dall’altro lato non si può aspettare la manna dal cielo: la Regione è praticamente isolata”. Così il fondatore di “Progetto Sicilia” e della cosiddetta “moneta regionale complementare all’Euro”, la “moneta grano”. “Una volta Messina era cantieristica, ma non solo. Oggi non c’è nulla. E questo riguarda tutte le realtà del territorio regionale. Insieme alla vostra Siracusa è una delle provincie più disastrate d’Europa”. La Corte dei Conti “bolla” quasi tutti i comuni in default. Che fare? “La soluzione per uscire dalla depressione strutturale è pensare a un fatto: la mancanza di entrate correnti per 2 miliardi annui. Ogni anno accumuliamo 2 miliardi di debiti sulla spesa corrente. Si spendono 2 miliardi in più rispetto a quanto ammontino le entrate: escludiamo la demagogia, però, dinanzi ai 400 mila disoccupati dell’Isola. Se fossero occupati, renderebbero 5 miliardi annui alla Regione stessa”. Il lavoro? “Il lavoro c’è, e così tanto, che ce ne sarebbe molto anche per chi fugge dalla Sicilia, che ha un deficit infrastrutturale pari a 50 miliardi. Basta recarsi all’Assessorato alle Infrastrutture per capire: dai porti regionali, alla sistemazione idrogeologica, all’idrico – il più importante – e altro ancora. Per realizzare tali opere (ipotizzando che si compiano in 5 anni) si spendono 10 miliardi annui, che impiegherebbero 200 mila occupati in più. Ogni disoccupato avviato al lavoro rende alla Regione 12500 euro fra maggiori entrate e risparmi. Il ragionamento è semplice: per finanziare queste opere, abbiamo oltre 100 miliardi di risparmi bloccati. Occorre, quindi, andare dai risparmiatori offrendo loro dei buoni ordinari regionali (una sorta di Patto regionale), anche di piccolo taglio (da 5000 euro in su). Risparmi che nell’arco di pochi anni, renderebbero il doppio di quanto investito, innescando un circolo virtuoso. Lo stesso vale per le opere immateriali, che renderebbero la regione più accogliente per i turisti”. D’accordo, ma chi dovrebbe assumersi la responsabilità di far ripartire il tutto? “La stessa Regione deve cambiare impostazione – sostiene -.. Non abbiamo bisogno di Roma: lo si può fare coinvolgendo i siciliani stessi, senza i vari DI Maio, Toninelli e altri soggetti politici. Moralmente indiscutibile è il nostro presidente Musumeci: lui può recepire queste istanze logiche. Serve coraggio, lo comprendo: ma egli ha a disposizione gli strumenti legali, dall’articolo 81 della Costituzione al 119, che permettono all’Isola d’indebitarsi per le opere pubbliche. Non ci sono limiti legali. Musumeci può cambiare la Sicilia, per salvare i siciliani, ribaltando un pensiero obsoleto. Salviamoci da soli, perché gli altri non ci salveranno mai: per gli altri siamo solo parassiti. Sperare che lo Stato ci dia maggiori risorse è impossibile, perché già esso eroga 4 miliardi di Sanità: la Regione ha 12 miliardi di entrate e ne spende 9 di sanità nel Bilancio, E’ già tanto. Altrimenti non riusciremmo a pagarci neppure le medicine. Il reddito di cittadinanza, non è pensabile perché le pensioni ci sono, ma non c’è il lavoro”.