“Un sistema cui ci siamo ribellati, vincendo: no chemio, la piccola è sana, sono passati 4 anni. E noi siamo stati uniti contro tutto e tutti. Anche contro chi avrebbe voluto sottrarcela”.
Giù le mani da Sofia. Questo il titolo del libro che scaturisce dalla storia vera di Barbara Roso e della sua piccola Sofia, oggi dodicenne. “Tutto congiurava contro Sofia: il sistema medicale, l’imposizione di dover per forza soggiacere alla chemioterapia”. Altoatesina, per nulla acquiescente alle imposizioni dall’alto, la mamma ce l’ha fatta
quando si è resa conto che un’altra chemio avrebbe definitivamente tolto ogni speranza di ripresa per la figlia. “Abbiamo riscontrato – ricorda – una sostanziale ignoranza, anche di fronte all’evidenza che Sofia stesse meglio. E, contemporaneamente, abbiamo affrontato un braccio di ferro con il” “potere del giudizio” , che avrebbe voluto togliercela, quasi fossimo dei fanatici. “Vostra figlia è dello Stato, ci veniva ripetuto spesso”, rammenta. “Con tutto il rispetto abbiamo agito in coscienza e seguendo la strada opposta a un protocollo disumano, fatto di micidiali colpi chimici: nel frattempo gli assistenti sociali ci mettevano in guardia. “Ve la toglieremo”. Momenti difficili, terribili, dove tutto cospira contro . E dove, umanamente,
ti chiedi se stia sbagliando o meno, visto che tutti sono schierati a sfavore. “Nessuno ci ha dato certezze nella chimica – ci racconta – o nelle cosiddette” sperimentazioni” che l’avevano ridotta a un cencio”. L’ambiente li ha aiutati, tuttavia: alcuni sanitari contrari ai protocolli del “per forza” hanno sostenuto i coniugi e la piccola, considerando i grandi cambiamenti in atto: la nuova consapevolezza alimentare, la cultura ambientale, l’etica, l’intelligenza. E, perché no, anche l’intuito.
Da questo faccia a faccia contro il “sistema”, ne trae giovamento Sofia, che sta bene. “Ognuno di noi è unico – afferma Barbara – nessun protocollo
avrebbe aiutato a sopravvivere Sofia. Le complicanze (fra cui un polmone collassato), l’avrebbero distrutta, visto che la malattia era già scomparsa: quando stava meglio, avrebbe
dovuto sottoporsi ai trattamenti clinici per “precauzione”. Siamo stati sottoposti a un terrorismo psicologico tremendo. Ma noi eravamo molto informati e convinti nella nostra scelta”. Un percorso doloroso, che ha portato Nico e Barbara vicini a un crollo emotivo, che non c’è stato. “Abbiamo sollevato argomenti fastidiosi – dice – e questo ci ha reso liberi. Liberi di salvare Sofia. Contro le statistiche poco attendibili, contro ogni illogica e discutibile forzatura”. Un ciclo di conferenze ha portato in giro per lo Stivale la storia, per fortuna a lieto fine, per rendere consapevoli, accrescere la curiosità, fronteggiare la realtà senza paura, ragionando con la propria testa.
L’autrice del testo sarà a Floridia, in un noto ritrovo al Viale, per toccare Avola ed altre località del siracusano per divulgare nei particolari una storia
che sa di cuore, ma soprattutto di ragione e di rivalsa nei confronti di un sopruso sulla persona, che deve “avere il diritto di decidere su di sè”.Sofia , a novembre
compie 12 anni. “Non saremmo stati qui a parlarne se fossimo stati acquiescenti alle spaventose pressioni cui siamo stati sottoposti”.