
RESTA L’AMAREZZA: “HO FATTO IL MIO DOVERE, E LA GENTE MANIFESTA SOLIDARIETÀ”.
È pacata, analitica, empatica: un’insegnante che si è sempre spesa per dare “oltre” ai propri studenti, cercando di stimolare il loro spirito critico. Ha creduto di aver fatto un buon lavoro, malgrado la tagliola mediatica lasci ancora le sue cicatrici.
Ma tutto ciò è servito a riflettere sulla libertà d’insegnamento e di apprendimento: “Liberi d’insegnare, liberi d’imparare”, infatti, è il titolo del seminario – organizzato al Salone Di Vittorio” della CGIL – che ha visto la partecipazione dello scrittore Giuseppe Caliceti, del pedagogista Micol Tuzi, dell’insegnante “ìazz”, Beppe Bagni, della scrittrice Daniela Tazzoli, di Christian Raimo e del segretario Generale, Francesco Sinopoli, mediati da Silvia Mastronardi. “Sono rientrata a scuola dopo la sospensione di 15 giorni – esordisce la Dell’Aria –. Tuttavia gli effetti giuridici ed economici della sanzione, rimangono: dalla trattenuta sullo stipendio, fino alle conseguenze giuridiche (come i contributi), l’esclusione dal bonus docenti”. Ci si sente male: “Sono molto amareggiata, poiché ritengo di aver compiuto il mio dovere – sottolinea la docente -. La sanzione mi sembra ingiusta, ma, almeno, ho scoperto d’esser circondata da tanta solidarietà: colleghi e cittadini, che negli anni hanno apprezzato il mio lavoro. Un lavoro di 40 anni per i ragazzi, per formarli nella costruzione del loro pensiero critico, non del mio. Ho mirato alla loro consapevolezza, al loro ruolo di cittadini, già a 14 anni. Già. Perché il cittadino deve prendersi cura della cosa comune: è bene che i ragazzi coltivino questa coscienza, soprattutto oggi. Speriamo che l’indifferenza e la superficialità, l’odio e tutte le cose non vere in grado d’influenzare il pensiero, possano dissolversi. Ci vuole cuore. E un’informazione che passi secondo verità”. Francesco Sinopoli, segretario Nazionale Flc parla di “missione istituzionale della scuola”. Ma soprattutto fa riferimento al ‘900, e alla valenza della Costituzione. “Sarebbe importante recuperare questi passaggi – dice – alla luce di quel conflitto gesuita e socialista: spiccava Concetto Marchesi allora, nell’Assemblea costituente. Nel ‘47 egli disse cose attuali: la scuola non può esser trattata alla stessa stregua di una strada, perché prepara il cittadino. La sua idea di scuola era nazionale, necessaria ad abbattere le diseguaglianze. Chi propone nuove forme, sogna solo elettorati, controllo delle scuole, delle famiglie. Dobbiamo ridurre le distanze fra nord e sud, e lo possiamo fare solo attraverso la Costituzione. Ciò che è successo a Palermo è sintomatico: una professoressa ha fatto semplicemente il suo dovere, lasciando partecipare gli studenti.” L’altro avversario della scuola pubblica si basa sulle classifiche: “Eudoscopio”, ad esempio, ci elenca quali siano i migliori licei. “Ma non ci dice quale scuola pubblica sarebbe necessaria per contenere le diseguaglianze – continua –. La selezione di classe è un modello fallito: quello anglosassone. In Inghilterra se ne parla da tempo, a partire dai conservatori: Major evidenzia come in un paese classista come l’Inghilterra, ad esempio, il fatto che la scuola pubblica sia collassata rappresenti un grande problema. La responsabilità sta nella impellenza delle classifiche: la possibilità di scelta del consumatore. E il consumatore chiede un conto che mette sotto processo”. Un attacco in cui la “violenza riguarda i modelli improntati a una “domanda individuale”.
“Invece dobbiamo tornare alla scuola della Costituzione, ri-alleandoci con la filosofia e la pedagogia; è questa la missione costituzionale.
“Perché noi studiamo”, si devono chiedere i giovani: la scuola deve permetter loro di partecipare alla costruzione del sapere. Non servono predelle, ma rispetto all’interno di un insieme di aspetti, ricostruendo un dibattito democratico insieme alle famiglie, ai destinatari dell’istruzione. Un programma politico – chiosa Sinopoli – che metta la formazione e la didattica al centro. Non una scuola gentiliana, ma che riconosca il valore delle grandi riforme degli anni ‘70 e ‘80. Non gerarchica, semplicemente “scuola”.