Immagini in bianco e nero per sottolineare la preziosità di un ricordo fermo nel tempo. “Esprimo un pezzo di Sicilia – dice Laura – e una grande parte di mio padre rivive in questa composizione”. In sintonia anche l’arbitro Rosario Lo Bello, intervenuto con la sua innata empatia. I “ritagli di vita” in realtà, secondo l’autrice, ricostruiscono con fedeltà cromatica un’immagine radicale, dov’è possibile ripercorrere il misterioso ciclo vitale. La fotografia dell’800, che passa dal boom economico, fino a oggi, racchiude feste, sacralità della terra, composizione sinfonica siciliana. “Voglio far assaporare l’aria di casa, l’educazione di mio padre, ma soprattutto la curiosità femminile, che interpreta diversamente”. E le immagini si declinano alla parola con grazia, logica, sintesi animica. Scrivere è realizzarsi. Per il sindaco, Sebastiano Scorpo, la tradizione di eccellenze del territorio s’incrementa: “Siamo ricchi di valori e il libro di Laura presenta usi e costumi di una città che cresce: occorre solo rispolverarle per farle conoscere nel mondo globale”. Lissandrello, psicologo, editore, studioso, ha fatto leva sulla storia del microcosmo individuale. Che non è piccola. È condivisa. “Ci sentiamo orgogliosi del lavoro di Laura”.
Di rilievo l’intervento della scrittrice Maria Giovanna Mirano, coraggiosa nella sua opera intellettuale fra le scuole. ”Lo scrittore è riconosciuto per l’anima, lo stile, in modo semplice e lineare. Non serve avere una scrittura barocca per arrivare al cuore: il minimalismo è coinvolgente, diretto. Oggi non possiamo dimenticare il passato sol perché l’uomo l’ha volutamente obnubilato. Il docu-libro di Laura (ed. Kerayles) è scevro dalla fretta di vivere”. Don Luca, diretto, sintetico, essenziale, parla di testamento: “Mi colpisce la bellezza delle persone ritratte. Trapassano il cuore come sguardi da un sogno. E’ difficile fermare lo sguardo: questa è una comunità di famiglie, e la storia rinvigorisce la bellezza della realtà sociale”.
Lo Bello, vicino alla famiglia Liistro non nasconde la sua familiarità col territorio. E il libro gli consente di lanciare un messaggio che non vuole essere politico, ma è intriso di tristezza: la migrazione dei giovani e dei meno giovani. La figlia parte, come tanti. Le fotografie gli fanno riaffiorare quelle emozioni che dovrà, col coraggio che l’ha sempre contraddistinto, metabolizzare. ”I giovani sono stati costretti a emigrare – sottolinea –. Non lo dico per politica, ma esprimo gli affetti e i tormenti di padre. Qualcuno, con superficiale leggerezza, ha detto che è meglio che i giovani vadano via”. Come fossero “Choosy” cui tutto sarebbe stato dato. Applausi per lui, che ha aggiunto: “La partenza di mia figlia mi costringe a programmare, confidando nel Cielo”.
E ricorda quella “palla di pezza”, quelle corde più lievi del suo iter interiore, quando bastava un oggetto semplice per fermare il tempo, giocarci, affrontare le delusioni e le gratificazioni della vita. “La palla di pezza è “quel” ritaglio di vita – sintetizza – e parla del giocar scalzi, del divertimento sano, in bianco e nero. Delle tavolate coi nonni, quando la famiglia era vera, riunita attorno al profumo di mandarino della sacralità della vita”.